Dai set cinematografici alla realtà; una protesi robotica ideata da un team di giovani salernitani
Arriva dall’Italia l’idea rivoluzionaria che regalerà a tantissime persone la speranza di una migliore qualità della vita, anche a coloro che a causa di una malattia o di un incidente sono costretti a portare una protesi.
Un progetto ambizioso che prende in prestito le tecniche impiegate al cinema e a teatro per gli effetti speciali, per realizzare una mano artificiale a basso costo che possa realmente sostituire un arto umano e restituire una quasi totale autosufficienza a chi la usa.
Mimic-Ha è una mano animatronica realizzata con una pelle sintetica in silicone medicale che viene normalmente utilizzata per le comuni protesi mediche; la sua struttura interna viene interamente stampata in 3D.
Compatibile al 100% con il corpo umano e perfettamente adattabile alla fisicità del paziente sia nella forma che nelle dimensioni, ha la particolarità di poter essere comandata con un controller a distanza o con uno smartphone via Bluetooth o via internet tramite ROS.
A capo del progetto un team di ricercatori della D.A.M.Bros Robotics, composto da giovanissimi progettisti ed ingegneri. Fondatori del gruppo tre fratelli del salernitano: Marco, Donato e Mauro D’Ambrosi che, insieme ad Alessandro Pauciulo e Sveva Germana Viesti, sono riusciti a portare a termine uno studio dall’immenso valore scientifico.
Il primo prototipo presentato dalla Mimic rappresenta la mano di un bambino, con un aspetto incredibilmente realistico e una funzionalità davvero sorprendente, che in tempi non brevissimi potrebbe portare alla creazione di nuove e ipertecnologiche protesi, accessibili anche a chi non dispone di grandi cifre.
Come affermano gli stessi ricercatori, la sfida adesso è proprio quella di riuscire ad abbassare i costi per tutti e migliorare sempre di più le potenzialità della mano animatronica fino a renderla il più simile possibile a quella umana.
“Il prossimo passo sarà fornire un sensing alla mano ovvero la capacità di captare la presa attraverso sensori tattili – racconta Donato D’Ambrosi – Poi lavoreremo sulla scalabità, cioè sul dimensionare la mano in base alla persona che la deve ricevere. Per finire ci concentreremo sul perfezionamento del sistema per intercettare gli stimoli nervosi per muovere la mano che partono dal cervello anche nelle persone che hanno perso un arto”.