Pokémon Go: il segreto del successo? Lo abbiamo chiesto ai giocatori

 

Una vera e propria mania quella che si è diffusa a livello mondiale tra i giocatori di Pokémon Go. Da quando è stata ufficialmente aperta la stagione della caccia ai famosi mostriciattoli si è scatenata una lotta senza quartiere tra i gamer, che affollano strade, parchi e altri luoghi pubblici con lo smartphone in mano, al grido di “Catch ‘em all!”.

Non si tratta, come pensano in tanti, esclusivamente di nostalgici dei cartoni animati, schiavi di una passione mai sopita che adesso ha trovato un nuovo modo per venire a galla.

Quello in corso è un vero e proprio fenomeno sociale, che coinvolge ogni giorno migliaia di persone (diverse per età, sesso e background culturale) e che deve il suo successo a diversi fattori, quasi tutti di natura psicologica.

In qualche caso gli eventi riguardanti i Pokémon sono persino finiti sulle pagine di cronaca; arresti, licenziamenti, incidenti stradali, casi assurdi ed esilaranti, tutti dovuti alla troppa concentrazione sul gioco.

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Ma a cosa è dovuto questo successo senza precedenti? Quali sono le motivazioni che spingono così tanti individui a giocare e, in molti casi, a rischiare la vita o il posto di lavoro? Sono stati effettuati molti studi sul fenomeno, approfondimenti psicologici e sociologici, che hanno individuato una serie di risposte più o meno attendibili.

Uno dei metodi di ricerca più semplici ed efficaci rimane comunque quello di rivolgersi ai diretti interessati e raccogliere i diversi pareri e le esperienze personali.

Dalle interviste rilasciate da un campione di uomini e donne, appartenenti a un range di età che varia dai 18 ai 45 anni, emergono dati interessanti e sorprendenti. Se alcune risposte risultano di facile interpretazione altre indicano riflessioni su cui i media non si soffermano mai, limitandosi a raccontare i fatti arricchiti di dettagli accattivanti che fanno notizia.

Innanzitutto quella sviluppata da Niantic è un’applicazione gratuita, un free-to-play compatibile con tutti i dispositivi iOS e Android, per cui basta possedere uno smartphone per giocarci. Questo è un fattore importantissimo, che annulla le distanze sociali e avvicina al gioco anche i semplici curiosi, che magari ne rimangono affascinati.

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La tecnologia su cui si basa è realizzata in realtà aumentata; un modo nuovo ed estremamente interattivo di giocabilità e che porta l’esperienza a un livello successivo, contaminando il mondo reale con quello immaginario.

Grazie a quest’applicazione poi, i gamer possono uscire di casa e percorrere chilometri alla ricerca dei personaggi; cosa particolarmente gradita anche ai più “nerd”, da sempre accusati di limitare l’interazione sociale e di essere chiusi in una sorta di isolamento, stereotipo tra l’altro quasi mai corrispondente al vero. Le lunghe passeggiate portano benefici significativi sia per la salute fisica che quella mentale, a differenza dei normali videogiochi che costringono spesso a una vita sedentaria .

Il gioco ha creato una vera e propria community, un luogo virtuale in cui tutti i partecipanti possono scambiarsi pareri e informazioni, dove avviene un confronto quotidiano tra individui totalmente diversi tra loro, uniti dalla sola passione per i Pokémon. Il senso di aggregazione si riversa poi nella vita quotidiana, visto che decine di giovani e meno giovani si ritrovano in luoghi pubblici e con la scusa del gioco fanno conoscenza e diventano veramente amici.

Il senso di sfida tipico degli appassionati di videogiochi, la distrazione ideale per chi si sposta a piedi per andare al lavoro, il piacere di passeggiare per le strade della propria città e scoprirne le bellezze; ognuno trova nell’applicazione un qualcosa che lo intriga e lo spinge a continuare. Senza contare l’enorme quantità di strategie di marketing legate al fenomeno, dato che in molti hanno sfruttato la notorietà del  marchio per pubblicizzare la propria attività, magari indicandola come Pokéstop per attirare nuova clientela.

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La risposta che ha colpito di più è stata quella di Cesco C., che ha raccontato molti episodi in cui un semplice videogioco è diventato un ponte comunicativo tra le generazioni, con padri e figli che cercano insieme Pikachu per le strade, annullando di fatto la differenza di età, almeno per un giorno. Ma anche storie di ragazzi che accompagnano gli amici in sedia a rotelle, di bambini che fotografando i mostriciattoli scoprono i monumenti e le piazze del paese, di un senso di fratellanza che unisce molti giocatori.

Sui social network invece queste testimonianze non sono mai prese in considerazione e vengono presi in esame solo gli aspetti più sensazionalistici raccontati sul web. Da questa visione faziosa deriva un’ostilità profonda di moltissimi internauti, che non comprendono questa mania e si limitano a demonizzarla.

Se un videogame può diventare un’ossessione e una dipendenza come accade con altri beni di consumo è anche vero che a fare la differenza è sempre l’uso che se ne fa. Come aggiunge Cesco C.: “Pokemon Go non è mai stato un gioco perfetto (come altri titoli della Nintendo) ma lo è diventato grazie a una formula perfetta: avventura a misura del giocatore.”

Piuttosto che banalizzare un fenomeno di massa, forse sarebbe più utile cercare di comprenderlo attraverso il dialogo, strumento principe della comprensione tra gli individui, l’unico capace di abbattere i muri e combattere le piccole e grandi intolleranze.

 

 

 

 

 


 

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